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COVID-19: il “contact tracing” può salvare delle vite?

Ricercatori della Oxford University hanno ha condiviso un modello epidemiologico, utilizzato come base di una nuova app di tracciamento dei contatti.

Il fatto che nel nostro Paese si stiano moltiplicando le polemiche sull’App Immuni, scaricata da 5 milioni di persone, ma che pare non funzionare come dovrebbe, non deve far perdere di vista un punto fondamentale: il tracciamento e i sistemi di notifica digitale dell’esposizione al virus Sars-CoV-2 possono frenare la diffusione dell’epidemia, oltre a permetterci di prevenire misure più drastiche come il lockdown.
Lo affermano diversi studi, come ad esempio l’interessante ricerca realizzata da un team della Oxford University, che ha condiviso un modello epidemiologico, utilizzato come base di una nuova app di tracciamento dei contatti, in grado di offrire diverse configurazioni sicure e un framework per ottimizzarla dopo il rilascio.
Progettata in collaborazione con Google Research, la nuova app è attualmente in fase di sviluppo presso l’NHSX, agenzia responsabile della definizione e dello sviluppo delle migliori pratiche per il National Health Service.
Scarica la ricerca originale

Dopo l’analisi delle dinamiche di trasmissione della prima epidemia di coronavirus in Cina, gli studiosi di Oxford hanno dimostrato che quasi la metà di tutte le trasmissioni si è verificata prima che qualcuno mostrasse i sintomi. Hanno anche stimato che il ritardo di un solo giorno dall’insorgenza dei sintomi nel tracciamento dei contatti, potrebbe fare la differenza tra controllo dell’epidemia e recrudescenza del virus.
La risposta del team a questo problema – come accennato – è arrivata sotto forma di una nuova app di tracciamento dei contatti, che dovrebbe essere rilasciata a breve.

Il professor Christophe Fraser, autore principale della ricerca, spiega che è stato simulato il coronavirus in una città modello di 1 milione di abitanti, attraverso una vasta gamma di configurazioni epidemiologiche realistiche, per esplorare le diverse opzioni di controllo della trasmissione.
I risultati suggeriscono che un’app di tracciamento dei contatti, se attentamente implementata insieme ad altre misure, ha il potenziale per ridurre sostanzialmente il numero di nuovi casi di coronavirus, ospedalizzazioni e ricoveri in terapia intensiva: in breve, può salvare delle vite umane.

I modelli mostrano che è possibile fermare l’epidemia se circa il 60% della popolazione utilizzasse l’app ma, anche con un numero inferiore di utenti dell’app ci sarebbe comunque una sensibile riduzione del numero di casi e di decessi, in quanto funzionerebbe anche all’interno di piccole reti di utenti: persino ogni coppia che utilizza l’app avrebbe il potenziale per prevenire l’infezione.

Come funziona l’app?

Una volta installata, l’app inizia a registrare i contatti ravvicinati con altri utenti. Quando una persona sviluppa sintomi li segnala attraverso una forma di autodiagnosi. A questa persona viene chiesto di mettersi in isolamento volontario con la propria famiglia. I loro contatti di prossimità ricevono una notifica anonima, e a loro volta viene consigliato di autoisolarsi, fornendo ulteriori consigli di comportamento.

Le configurazioni del modello esplorano diverse opzioni per mettere in quarantena chi ha avuto un contatto e offrono soluzioni per il tracciamento con diversi livelli di test disponibili. Il modello può anche essere adattato per tenere conto delle diverse velocità di crescita dei contagi, assicurando che possa rispondere in modo efficace alle diverse previsioni di evoluzione dell’epidemia. Attualmente, le simulazioni si basano sui dati demografici del Regno Unito e sull’utilizzo degli smartphone, ma il modello può essere facilmente adattato per simulare epidemie di coronavirus in altri Paesi.

Il professor Fraser aggiunge che attraverso la condivisione dei loro modelli e dell’algoritmo, sono in grado di fornire ai governi e ai servizi sanitari gli strumenti epidemiologici di valutazione per adottare le migliori strategie per il tracciamento dei contatti, insieme ad altri approcci di controllo dell’epidemia. L’ottimizzazione delle impostazioni epidemiologiche dell’app, prima e dopo il lancio, contribuirà a garantire che tutti i Paesi siano in grado di dare un contributo importante al controllo dell’epidemia.

Il dottor David Bonsall, co-responsabile del progetto e medico presso il John Radcliffe Hospital, conferma che l’avvio del tracciamento dei contatti basato sui sintomi ha senso epidemiologicamente, perché è abbastanza veloce da raggiungere le persone prima che possano trasmettere il virus. Le simulazioni effettuate a Oxford prevedono la perdita del controllo dell’epidemia quando il tracciamento viene ritardato per attendere i risultati dei test, e questo significherebbe più persone in quarantena e più decessi.

È possibile invece ottenere la massima efficacia da entrambi gli approcci, quando i test virologici vengono utilizzati per controllare prontamente le persone tracciate.

La speranza del team di Oxford è che i risultati delle loro ricerche forniscano la prova definitiva del fatto che la tracciabilità dei contatti possa essere utilizzata con fiducia, dopo aver considerato i parametri epidemiologici chiave, combinati con principi etici fondamentali.
Con la giusta configurazione, tutti possiamo utilizzare la tecnologia per salvare vite umane e aiutare a proteggere i soggetti vulnerabili.

Fonte:
University of Oxford Research

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