DIGITAL HEALTHHEALTH & TECHNOLOGY

Realtà virtuale e salute: come guarire giocando

Ormai da diversi anni realtà virtuale e aumentata non sono più spunti da film di fantascienza, ma sono in grado di offrire applicazioni pratiche in molti ambiti della vita quotidiana.

Secondo un’indagine di IDC – International Data Corporation, società specializzata in ricerche di mercato sulle innovazioni digitali, la spesa mondiale relativa ai servizi di Virtual Reality arriverà a 215 miliardi di dollari nel 2021, con una crescita annua superiore al 100%.

Non stiamo parlando solo di “gaming”, perché in questo scenario anche un aspetto importante come la salute gioca un ruolo niente affatto marginale. O meglio, non stiamo parlando solo di “gaming”: accanto agli aspetti più pratici, come l’utilizzo di visori VR per le esercitazioni chirurgiche o per l’analisi dei referti di TAC o risonanze, si sta infatti sempre più parlando di sfruttare gli aspetti ludici della realtà virtuale per alcune applicazioni terapeutiche di digital health.

La “gamification” della cura

Qualche esempio di quello che la VR è in grado di fare?
Aiutare i pazienti colpiti da ictus a ritrovare la mobilità; migliorare l’aderenza e i risultati terapeutici; ottimizzare la riabilitazione nei pazienti paraplegici o negli anziani.

La cosiddetta Terapia dell’Esposizione a Realtà Virtuale – VRET sarebbe poi particolarmente efficace per il trattamento di alcune fobie, come la paura del vuoto.

I visori aiutano in pratica a ricreare con la vista e con i suoni le esperienze che ci spaventano, ma essere esposti a situazioni simili in circostanze non minacciose, aiuta il cervello ad abituarsi, e gradualmente la paura svanisce.
L’esposizione a questi ambienti simulati avviene inoltre alla presenza di un medico, così da monitorare la reazione del paziente, rendendo più semplice analizzarne i cambiamenti cognitivi.

Un videogioco per sconfiggere il dolore

Secondo VRHealth, una startup israeliana che sviluppa applicazioni mediche di realtà virtuale registrate FDA/CE, la VR sarebbe effettivamente in grado di migliorare la capacità motoria, cognitiva, posturale, ma le prospettive più interessanti riguarderebbero la valutazione e il trattamento del dolore.

Non siamo ancora al punto di poter utilizzare un visore VR al posto di un antidolorifico, ma è innegabile che la componente psicologica sia fondamentale nella percezione del dolore: le potenzialità di rilassamento o distrazione della realtà virtuale sarebbero perciò in grado di ridurre i livelli degli stimoli dolorosi durante alcune procedure mediche.

Che sia una sorta di effetto placebo o di ipnosi non importa: l’importante è che funzioni, e in diverse strutture sanitarie ci credono. In Francia, all’ospedale St. Joseph di Parigi, è già in uso un programma che utilizza la realtà virtuale in sostituzione dell’anestesia locale nei piccoli interventi ambulatoriali di routine. L’idea è semplice ma efficace: far immergere il paziente in paesaggi rilassanti con colline innevate e giardini zen, facendogli così “dimenticare” l’ansia e il disagio fisico. Distrazione dunque, ma anche riprogrammazione della risposta del sistema nervoso al dolore.
Infine, sono numerose le ricerche che dimostrano l’efficacia della realtà virtuale nel ridurre i livelli di stress e migliorare la qualità della vita dei pazienti sottoposti a chemioterapia.
Lasciando da parte i vantaggi immediati sui singoli soggetti, una considerazione finale va fatta sull’enorme quantità di dati che le tecnologie digitali permettono di raccogliere su patologie, cure e risposta dei pazienti, aprendo nuove inimmaginabili prospettive per la medicina del futuro.

 

Fonti:

VRHealth

Nation Swell

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