DIGITAL HEALTHHEALTH & TECHNOLOGY

Assistenti vocali, salute e privacy: quali regole?

Secondo una stima della società di analisi Juniper Research, la diffusione degli assistenti vocali – smart speaker, wearable e smart TV – è destinata a triplicare nei prossimi anni, passando da 2,5 miliardi a 8 miliardi entro il 2023.
Se le tecnologie assistive sono, e saranno sempre di più, parte della nostra quotidianità, cosa potrebbe cambiare in ambito digital health? E quali saranno le implicazioni sulla privacy?
L’eventuale ascolto delle registrazioni degli utenti pone evidenti problemi riguardanti la protezione dei dati personali, attualmente “sotto esame” da parte delle autorità regolatrici americane ed europee. La questione è delicata, e rischia di rallentare la crescita del settore.

Uno scenario in divenire
In particolare i dispositivi Amazon Alexa e Google Home stanno diventando oggetti domestici comuni, utilizzati per tutto, dall’ordinare libri a realizzare la ricetta giusta per cena, ma è chiaro che un loro impiego in ambito medico andrebbe gestito in modo del tutto differente rispetto a quello “consumer”.
Pazienti che si rivolgono a chatbot per consigli medici e vengono indirizzati al medico solo nei casi in cui l’algoritmo decide che c’è bisogno di ulteriore assistenza.
Biomarcatori vocali che aiutano nella diagnosi di determinate malattie.
Tecnologie di assistenza vocale come risorsa nell’amministrazione medica, con la registrazione di visite e dati dei pazienti senza più necessità di cartelle cliniche.
Le possibili applicazioni sono moltissime, ma perché possano essere impiegate in tranquillità e sicurezza, il rispetto della privacy diventa ovviamente la priorità assoluta.
In Europa, ad esempio, la Digital Health Society, nata nel 2017 durante la presidenza Estone dell’UE, sta lavorando a fondo su questo tema, ma vediamo come si presenta oggi lo scenario generale e quali sono le prospettive future.

Quale protezione?
L’HIPAA – Health Insurance Portability and Accountability Act è una legge federale degli Stati Uniti che regola la divulgazione e la protezione di informazioni sulla salute, obbligando le organizzazioni sanitarie e i loro partner commerciali alla riservatezza dei dati sanitari protetti trasmessi elettronicamente.
Naturalmente L’HIPAA si sta occupando anche della sicurezza delle piattaforme dei server e dei dati che vi transitano; questa è senza dubbio una garanzia, ma è necessario andare oltre.
Ad esempio bisogna prendere in considerazione l’eventualità dell’ascolto non intenzionale di chiamate riservate. In poche parole, anche situazioni non espressamente vietate dall’HIPAA potrebbero risultare a rischio. Si pensi ad esempio all’eventuale collocazione di uno smart speaker in una camera d’ospedale.
Il nodo della questione è che la tecnologia vocale è stata concepita per l’uso domestico, ma tutto si è evoluto a grande velocità, e oggi non è più possibile sapere come l’utente/paziente la utilizzerà, o il genere di informazioni che condividerà.
Sarah Lindenauer, responsabile innovazione e Digital Health (IDHA) presso il Boston Children’s Hospital, ha dichiarato recentemente al MassBio’s forum sull’uso dei dati clinici provenienti da wearable e dispositivi vocali, che una via efficace per proteggere le informazioni sanitarie sarebbe quella di abilitare le restrizioni HIPAA solo per specifiche applicazioni vocali che potrebbero essere a rischio privacy.

Quando, come e dove: l’approccio giusto

Al momento gli sviluppatori elaborano sistemi di comunicazione conformi HIPAA solo su specifica richiesta dei provider, e questo è un significativo passo in avanti, ma non è solo la tecnologia a dover adeguarsi: anche medici e pazienti devono utilizzare un approccio diverso alla comunicazione sanitaria “vocale”.
Il Dott. Yaa Kumah, professore di informatica biomedica presso il Vanderbilt University Medical Center di Nashville, ha evidenziato come ogni giorno si stiano evidenziando nuove situazioni in cui l’assistenza vocale si rivela utile, presentando però allo stesso tempo dei rischi per la riservatezza.
Ad esempio, questa tecnologia potrebbe aiutare i medici a reperire velocemente informazioni durante visite ed esami, lasciando più tempo per il dialogo diretto con il paziente.
Oppure, quando il medico si trova da solo in auto potrebbe avere aggiornamenti vocali sulle condizioni dei pazienti, ma ovviamente questo non sarebbe possibile in un luogo pubblico… E se invece il medico indossasse gli auricolari?
E da paziente, chi vorrebbe sentirsi ricordare ad alta voce dall’assistente vocale di prendere il farmaco contro la disfunzione erettile quando è al ristorante?
Indubbiamente sarebbe più indicato che alcune “conversazioni” in ambienti non domestici avvenissero solo per mezzo di messaggi testuali.
In generale, come spiegato da Lexi Kaplin, chief product officer presso ConversationHealth, azienda leader nel settore dell’assistenza vocale e dell’AI in ambito salute, bisogna sempre chiedersi quale sia il miglior canale per porre una domanda, e quale per riceverlo.
Comprendere e gestire modo, tempo e luogo di utilizzo di una tecnologia non è forse il modo migliore per farla funzionare correttamente e trarne il massimo vantaggio?

Fonte: Mobile Health News

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